Mondialità

Uno sguardo aperto sul mondo è fondamentale per le nostre comunità, per ricordarsi sempre di essere parte di un tutto che ha bisogno anche della nostra attenzione. L’impegno di solidarietà della nostra diocesi verso altri paesi, con progetti di promozione umana e di aiuto concreto, è una ricchezza reciproca e permette uno scambio di esperienze fra chiese sorelle, specialmente quando è possibile realizzare campi di lavoro nei luoghi di missione dove possono impegnarsi anche i nostri giovani. Scopri i gemellaggi che vedono coinvolta la nostra diocesi.

In Bosnia Erzegovina per vedere oltre il buio (2022)

 

Il 30 agosto scorso, un pulmino dalla diocesi di Prato (7 persone) e uno da Lucca (9 persone), si sono messi in viaggio verso la Bosnia, unendosi e chiudendo idealmente la lunga carovana di mezzi che, rispondendo alla proposta di Caritas Toscana, tra luglio e settembre ha raggiunto il territorio balcanico. Sono circa 150 i giovani che dalle diverse diocesi della regione hanno aderito all’invito.

Il viaggio dei pratesi, guidato da don Matteo Pedrini e suor Federica Tassi, ha avuto più fili conduttori, che si sono intrecciati tra loro in un connubio di luci e ombre, di squarci luminosi su uno sfondo politico e sociale molto scuro. La guerra degli anni ’90 ha lasciato ferite profonde, che sanguinano ancora. Le armi tacciono, il tristemente famoso “viale dei cecchini” di Sarajevo è tornato ad essere semplicemente l’arteria principale della città, l’assedio che ha provocato più di 11mila vittime civili è terminato. Ma la pace non c’è ancora. Le fondamenta della convivenza tra bosniaci (musulmani), croati (cristiano cattolici) e serbi (cristiano ortodossi) sono ancora fragili. Da un lato, ci siamo scontrati con la memoria storica della guerra, la parte buia, ma l’altro filone portante è stato l’incontro con diverse realtà luminose che provano, ognuno nel suo ambito, ad essere segno che la pace è possibile, che vivere in un altro modo si può, che creare una mentalità in cui l’altro non sia visto come un nemico non è un sogno irrealizzabile. Realtà che provano ad essere il cemento che rafforza le fondamenta della speranza e che non vogliono cedere alla rassegnazione, che non si arrendono davanti agli infiniti ostacoli che costellano non soltanto il loro percorso, ma quello di tutta la nazione.

Dal nord al sud della Bosnia Erzegovina tante persone hanno compiuto scelte di campo a servizio della loro gente e della loro terra: Drazenko, direttore di un’azienda agricola di Banja Luka, sorta nell’immediato dopoguerra anche con l’appoggio di Caritas Italiana, esperto e competente agronomo che non ha ceduto alle lusinghe di andarsene all’estero per fare fortuna. Dajana, giovane donna serba che non ha paura dei commenti e degli sguardi giudicanti quando dice di essere un’operatrice Caritas, cioè una ortodossa che lavora per la chiesa cattolica: scandalo! Vedad, da triste direttore di banca superstipendiato a gioioso direttore -per scelta- di una cooperativa per l’empowerment di ragazzi disabili. Daniele, che 17 anni fa, dopo il servizio civile a Sarajevo ha lasciato la sua San Donà di Piave per dedicarsi al servizio in Caritas per tutta l’area dei Balcani. Ivana, che con l’entusiasmo di una ragazzina coordina le infinite attività del centro di pastorale giovanile di Sarajevo, assieme ai giovani di “Youth for peace” che si impegnano negli ambiti dell’educazione alla pace e del dialogo interreligioso. I genitori delle ragazze e dei ragazzi con disabilità di Mostar, che davanti all’ignavia e all’inconcludenza del loro stato e della loro città si sono rimboccati le maniche per offrire qualcosa di buono ai loro figli e hanno messo in piedi una cooperativa che è un capolavoro.

Quanta luce! Forse è proprio vero che le stelle si vedono solo al buio! Ci auguriamo che questo viaggio sia una specie di telescopio che permetta ai giovani partecipanti di vedere le stelle luminose che rischiarano il cielo delle loro vite, troppo spesso oscurate da fantasmi e paure che sembrano invincibili ma che, se guardate da una prospettiva diversa, non hanno alcun potere.

Sr. Federica Tassi

Albania (2013)

L’Associazione “Progetto Speranza” le sue attività a favore di minori, ragazzi e giovani diversamente abili, orfani biologici o sociali in Scutari (Albania)

PROGETTO CONCLUSO

Il “Progetto Speranza” è nato in Albania nell’Ottobre 1994 quando una Assistente Sociale in pensione è arrivata volontaria a Scutari dopo aver lavorato per 33 anni nei Servizi Sociali Italiani.

L’Associazione “Progetto Speranza” si è costituita in ONG Albanese nel Marzo 1998, ma dall’Ottobre 1994 ha messo al centro di tutte le sue attività bambini, ragazzi e giovani, orfani biologici o sociali, con diverse abilità ospiti degli Orfanotrofi e Centri Psichiatrici Statali di tutta l’Albania, considerandoli non più oggetti di assistenza da isolare ed emarginare in spazi artificiali gli Istituti Psichiatrici e gli Orfanotrofi, ma “persone” con bisogni da scoprire, legger e soddisfare.

Da tali premesse il “Progetto Speranza” si è sviluppato nella città di Scutari attraverso attività di accoglienza (Case-Famiglia), di preformazione (Laboratori), di Terapia Occupazionale e di Socializzazione (Centro Diurno) che hanno avuto l’obiettivo di mostrare nella pratica:

  • Che la famiglia, le Istituzioni, la Scuola devono rispondere ai bisogni di un bambino disabile in “modo uguale” a quello con cui si risponde ai bisogni dei bambini normali (anche se è necessario un maggiore impegno e maggiori risorse) con messaggi e stimoli non di esclusione ma di normalità;
  • Che i bisogni di un bambino disabile sono comuni ad ogni individuo: ha fame, sete, sonno, freddo; ha bisogno di sicurezza e di sentirsi protetto, amato, rispettato, approvato e “produttivo”; ha bisogno di realizzare se stesso e di veder soddisfatte le proprie aspettative così come desidera di essere accettato nel gruppo in cui vive.

Il “Progetto Speranza” quindi, si è preposto di garantire ai bambini, ragazzi e giovani disabili che accoglie, non soltanto “spazzi” di crescita psicologica e relazionale (Case-Famiglia) in cui vivere la propria quotidianità, ma anche una risposta globale ai loro bisogni che prevede soprattutto l’inserimento nella Società Civile per l’esercizio pieno dei loro diritti di cittadinanza.

Non solo quindi accoglienza, amore, speranza, ma un impegno costante per una scuola che non li respinga, una sanità che non li consideri “cose senza valore”, un lavoro, una casa, amici e relazioni positive che li aiutino ad uscire dalla “solitudine” dove la logica della “produttività” vorrebbe lasciarli.

Dal 1995 l’Associazione “Progetto Speranza”, ha collaborato con il competente Ministero Albanese del Lavoro, Protezione Sociale e Pari Opportunità alla deistituzionalizzazione di bambini, ragazzi e giovani, di ambo i sessi, degli Orfanotrofi e Centri Psichiatrici di tutta l’Albania ed ha attivato e gestito con la solidarietà italiana e spagnola i seguenti servizi:

  • 7 Comunità Residenziali (Case-Famiglia) che ospitano 58 ragazzi/e;
  • 1 Laboratorio di Preformazione per la lavorazione di oggetti in legno dove sono stati inseriti 19 ragazzi/e;
  • 1 Laboratorio di Artigianato Femminile dove lavorano 9 ragazze;
  • 1 Centro Diurno di Terapia Occupazionale e di Socializzazione, frequentato anche da giovani disabili provenienti da altre Associazioni no-profit di Scutari, che ospita 45 ragazzi/e.

Gruppi di riferimento che hanno beneficiato di tali servizi

Minori, ragazzi e giovani, privi di riferimenti familiari, con handicap psico-fisici e sensoriali, deistituzionalizzati dagli Orfanotrofi e Centri Psichiatrici Statali. Gli stessi sono stati accolti nelle Case-Famiglia dove hanno trovato una risposta globale ai loro bisogni ed, in particolare, sono accompagnati nel loro cammino verso l’autonomia e l’integrazione nella Società Civile.

VOCI DI SPESA CASA-FAMIGLIA “SOLE” 1 EURO = 136 LEK
Generi di prima necessità
SOMMA LEK 1.128.800
SOMMA EURO 8.300,00 €
Utenze
SOMMA LEK 312.800
SOMMA EURO 2.300,00 €
Personale
SOMMA LEK 2.040.000
SOMMA EURO 15.000,00 €
Manutenzione generale
SOMMA LEK 95.200
SOMMA EURO 700,00 €
Visite Mediche
SOMMA LEK 95.200
SOMMA EURO 700,00 €
Riscaldamento
SOMMA LEK 68.000
SOMMA EURO 500,00 €
Spese di gestione
SOMMA LEK 68.000
SOMMA EURO 500,00 €
Tasse Statali
SOMMA LEK 40.800
SOMMA EURO 300,00 €
TOTALE
SOMMA LEK 3.848.800,00
SOMMA EURO 28.300,00 €

Infanzia Ferita (2008)

paloma

Era il 1219 quando San Francesco d’Assisi arrivò in Terra Santa, durante un periodo molto difficile, quello delle Crociate. Lasciò la propria terra e si recò in Egitto dove incontrò il Sultano Al-Malek al-Kamel, che fu impressionato dalla modestia del frate e dal suo messaggio: rifiutare la distruzione e la guerra ed accogliere la riconciliazione e la pace.

San Francesco era riuscito ad ottenere il rispetto del Sultano e ottenere il permesso per visitare i Luoghi Santi e senza armi era riuscito a realizzare ciò che gli eserciti non avevano ottenuto.”

Padre Ibrahim Faltas, francescano, dal 31 Ottobre 2004, parroco di San Salvatore a Gerusalemme, così introduce il piccolo libro intitolato “Cronache Parrocchiali”.

Con il conflitto israelo-palestinese ancora attivo, a tanti anni di distanza dai tragici eventi delle crociate, possiamo tranquillamente affermare che la situazione in Terra Santa non è cambiata in meglio. Si può sicuramente dire che è più complessa e meno leggibile.

Grande è la sofferenza dei popoli che la abitano e purtroppo ogni qual volta qualcuno di buona volontà inizia un cammino di pace, di riconciliazione, di mediazione, ci sono sempre episodi che ci riportano verso la violenza.

Padre Ibrahim in “Cronache Parrocchiali” continua: “Noi francescani siamo consapevoli dell’importanza del nostro ruolo, come mediatori di pace. La nostra istituzione religiosa è costantemente coinvolta nella costruzione di una società pacificata, contribuendo al suo futuro tramite la difesa della dignità d’ogni singolo uomo.”

A rendere ancora più complessa la situazione è la costruzione del muro da parte degli israeliani con lo scopo di difendersi dagli attacchi terroristici, ma che sta dividendo  famiglie, separando villaggi dalle scuole e dagli ospedali, i contadini dai loro campi. Migliaia di palestinesi hanno perso i terreni che erano la loro unica fonte di guadagno. Altre migliaia sono rimasti isolati dentro la parte israeliana del muro senza nessun riconoscimento legale.

Già nel Novembre 2003, Giovanni Paolo II affermava: “In realtà non di muri ha bisogno la Terra Santa, ma di ponti. Senza riconciliazione degli animi, non ci può essere pace.”

In questo difficile contesto, dove anche le religioni giocano un ruolo importante e dove il concetto di comunità si identifica quasi sempre per appartenenza di fede, abbiamo scelto di fare dei progetti di solidarietà, mettendoci a fianco a chi percorre strade di pace operando con concrete azioni sociali, ospedali, opere comunitarie aperte a tutti.

Attraverso il quotidiano incontrarsi e conoscersi si possono abbattere le differenze ed i pregiudizi. In Particolare i giovani, che hanno avuto una vita segnata dagli anni di conflitto, possono essere aiutati a crescere in un clima di tolleranza e di rispetto verso il diverso sia per razza che per credo religioso.

PROGETTO CONCLUSO

Nome progetto:

“Infanzia ferita”

Presso: Orfanotrofio La Creche (La Culla) Betlemme

Responsabile locale: Suor Sophie Boudri – Suore della Carità di San Vincenzo de Paoli

Coordina: Caritas Diocesana di Prato

Partner: San Vincenzo de Paoli; Cooperativa Alice

Il contesto

L’orfanotrofio La Creche di Betlemme, attivo dalla metà degli anni ottanta,  oltre a raccogliere i bambini orfani ed abbandonati, avendo fatto la scelta di metterli a contatto con l’esterno, ha aperto le porte creando anche un asilo per i bambini di Betlemme e dei villaggi vicini.

L’elevato numero di neonati abbandonati è motivato dalla dura situazione della donna palestinese vittima di violenze domestiche. Una situazione aggravata dal fatto che la polizia, i tribunali e le agenzie governative, non trattano le violenze sulle donne come veri e propri crimini. Ci sono continuamente casi di donne violentate e costrette poi a sposare l’assalitore o di uomini assolti, dopo aver ucciso donne adultere. Stessa sorte subiscono, da parte del clan familiare, le ragazze che hanno rapporti e rimangono incinta al di fuori del matrimonio. Il delitto d’onore è ancora legittimato sia nella tradizione che da norme discriminatorie.

Gli orfani sono spesso bambini abbandonati dalle mamme che partoriscono in anonimato e che subirebbero estreme conseguenze se la famiglia venisse a sapere che aspetta un bambino al di fuori del matrimonio.

In questo contesto di violenza, sia generale a causa del conflitto israelo-palestinese ancora in corso, sia domestico a causa delle forti discriminazioni nei confronti della donna e dei bambini, grande attenzione viene posta alla cura del personale, per garantire una continuità accanto ai piccoli ed un rapporto serio e professionale con le tante famiglie in situazioni problematiche.

Nel corso degli anni sono stati attivate proficue relazioni di scambio tra le facoltà di pedagogia e psicologia dell’università di Betlemme per favorire lo svolgimento di tirocini, di studi e per la valutazione dei problemi dei singoli bambini spesso traumatizzati dagli eventi, in prospettiva di utili terapie.

L’asilo che ospita attualmente circa 120 bambini, di cui 42 orfani e molti casi sociali, non avendo nessun sostegno economico da parte delle autorità locali, vive solo di donazioni.

Il progetto pedagogico, studiato dall’università di Betlemme, prevede:

  • responsabili coordinatori in pedagogia
  • educatrici
  • sostegno di un pediatra e di uno psicologo per accompagnare i bambini che soffrono di traumi dovuti alla situazione ambientale violenta

Obiettivi

1.    sostenere per tre anni il progetto pedagogico

2.    fare opera di sensibilizzazione nel nostro territorio attraverso lo strumento dei campi di lavoro, inviando gruppi di giovani organizzati, in vari periodi dell’anno, con lo scopo di avere una visione più precisa delle problematiche derivanti dal conflitto israelo-palestinese..

3.    Inviare personale volontario specializzato a sostegno delle attività dell’orfanotrofio  rivolte ai bambini, alle mamme ed alle famiglie.

Il nostro impegno economico

L’orfanotrofio la Creche (La Culla) di Betlemme ospita 120 bambini di cui 42 sono orfani o abbandonati.

Il nostro aiuto sostiene l’attuazione del progetto pedagogico, studiato dall’università di Betlemme, e portato avanti da personale locale. Sono coinvolti:

o    responsabili coordinatori in pedagogia;

o    4 educatrici;

o    1 pediatra e 1 psicologo per accompagnare i bambini che soffrono di traumi dovuti alla situazione ambientale violenta.

Brasile – Fortaleza – Mucunã (2017)

Nel 2017 la Diocesi di Prato ha deciso di finanziare un progetto di sostegno ad una scuola per l’infanzia, chiamata “Ciranda Cirandinha” in Brasile. Questa realtà è stata conosciuta quasi in maniera fortuita dal nostro direttore Idalia Venco durante un viaggio in quelle zone. Fino a qualche anno fa questa realtà era aiutata dalla Diocesi di Padova, ma per vari motivi il rapporto di lunga data non è più potuto proseguire e i responsabili del progetto stavano cercando dei nuovi partner solidali. Per questo il Vescovo, dopo un confronto con Idalia, ha scelto di sostenere il progetto, che comprende alcuni semplici lavori di ristrutturazione dell’immobile, ma soprattutto per garantire ai bimbi che frequentano l’asilo il pasto che la scuola offre loro gratuitamente e per fornire una base economica finalizzata alla retribuzione del personale docente.

Come è nata “Ciranda Cirandinha”

“Ciranda Cirandinha” è una Scuola dell’Infanzia nata a Mucunã, un paesino alla periferia di Fortaleza nello stato del Cearà in Brasile. Si tratta di una realtà fortemente disagiata, con molte famiglie senza lavoro e che soffrono la vera fame, aggravata da una condizione di analfabetismo molto marcata negli adulti e da una conseguente povertà culturale.
Tutto è iniziato 17 anni fa, nel 2000. Una giovane, non ricca, ma istruita e con un tenore di vita che possiamo definire “normale”, si accorge che in paese ci sono tre bambini (due maschietti e una femminuccia) dai tre ai cinque anni particolarmente denutriti, malaticci e coperti di piaghe. Senza esitazione e mossa nel profondo da questa urgenza li accoglie nella propria casa, disinfetta le loro ferite e dà loro da mangiare. Ogni giorno la giovane mette in atto questo semplice rituale fatto di piccoli semplici gesti dettati dal cuore finché le ferite
del corpo guariscono.

I bambini che vivono queste sofferenze sono però davvero molti e senza attendere che siano le autorità, lo Stato, o altre associazioni ad occuparsene, decide di prendersi cura di una decina di bambini portandoseli a casa per farli mangiare, lavarli, curare le loro ferite.
Nel gennaio del 2003 la giovane, grazie ad alcuni contatti nella diocesi di Padova, riesce ad iniziare un progetto, acquistando un terreno e facendovi costruire una piccola struttura adatta ad accogliere un numero maggiore di bambini, inizialmente per nutrirli e dare loro una istruzione di base. La realtà ben presto comincia però a essere conosciuta e il numero di richieste di ammissione alla Scuola aumenta. Per trovare i fondi necessari diventa indispensabile chiedere aiuto alle parrocchie, sia in Brasile che in Italia, e quindi appoggiarsi anche ad una ONLUS, l’associazione “Nuova Famiglia”, per poter essere in regola a livello fiscale con questa libera iniziativa e poter organizzare anche un circuito di adozioni a distanza.

Presto ciò che era partito come piccolo e semplice diventa una Scuola dell’Infanzia vera e propria, con una sua Offerta Formativa e in cui lavorano insegnanti qualificate ed altre figure professionali, (assistente sociale e cuoca).

“Ciranda Cirandinha” oggi

Il progetto educativo dedicato ai piccoli si concentra su tre punti:

  • la struttura attualmente accoglie circa 60 bambini per molti dei quali l’unico pasto garantito del giorno è quello consumato a scuola ed è stato così deciso di introdurre due turni di servizio, uno al mattino e l’altro al pomeriggio, in modo che in tutta la giornata siano 120 i pasti forniti ad altrettanti bimbi;
  • i locali offrono anche la possibilità di curare la propria igiene personale, che è un’altro importante ambito educativo, cercando di far capire ai bambini che occorre fare la doccia, lavarsi i denti e le mani;
  • l’altro immancabile obiettivo è quello di preparare i bambini all’ingresso nella scuola elementare, trasmettendo le conoscenze di base indispensabili per affrontare gli impegni scolastici successivi.

Un’altra importante funzione della scuola per l’infanzia è quella di essere un’antenna sul territorio per cogliere le necessità delle famiglie del villaggio (sono una trentina quelle che l’asilo riesce ad aiutare, composte in genere da 4-6 persone). Se il problema della fame si può considerare fronteggiato, ma non certo risolto, in modo dignitoso (esiste un’agenzia analoga alla nostra AGEA attraverso la quale arrivano gli aiuti alimentari che il personale ed i volontari dell’asilo distribuiscono), il disagio maggiore è sicuramente quello abitativo: le case sono infatti davvero precarie ed il livello di igiene molto scarso. Anche se non è una risposta diretta ai bisogni descritti, l’asilo offre proprio alle famiglie più povere il suo servizio, che è totalmente gratuito. Vengono inoltre istituiti corsi in cui si insegnano alle neo mamme le cure e le norme igieniche da seguire con i loro figli, si insegna a preparare pasti adatti ai bimbi, si istruiscono a proposito delle vaccinazioni di base e molto altro.

Alcuni supermercati della zona inoltre donano frutta e verdura invenduti a fine giornata, alcuni comuni danno carta o altro materiale occasionalmente. Esiste quindi una rete solidale, sicuramente non facile da tenere insieme, che giorno dopo giorno, grazie all’aiuto della Provvidenza, resiste alle difficoltà e si mobilita per offrire un’opportunità di crescita e di speranza per un futuro migliore alle nuove generazioni.

Dal 14 luglio al 4 agosto 2017 un gruppo di una decina di volontari della nostra Diocesi ha quindi potuto toccare con mano quanto vissuto quotidianamente dalla popolazione di Mucunã e ci ha fatto conoscere ancora meglio questa realtà, attraverso il racconto dell’esperienza condotta. Durante il viaggio il gruppo è stato accompagnato da uno storico volontario della Diocesi di Padova, Roberto, ancora legatissimo a “Ciranda Cirandinha”, che ha fatto da tramite in Italia per la preparazione della visita oltre oceano.

PROGETTO CONCLUSO

Da questi collegamenti è possibile scaricare la lettera di Mons. Nedo Mannucci per la sensibilizzazione sulla giornata di raccolta fondi di domenica 9 aprile 2017 per sostenere la scuola per l’infanzia “Ciranda Cirandinha” e la proposta liturgica per la celebrazione della Domenica delle Palme, centrata sul progetto in Brasile.

Il manifesto della giornata 

La lettera del Vicario Generale 

La proposta liturgica per domenica 9 aprile

Eritrea (2001-2004)

Progetto “Acqua, speranza di vita”

La Caritas Diocesana di Prato ha iniziato nel 2001 alcuni progetti di contrasto alla povertà nel paese africano, inizialmente insieme al “Comitato Città di Prato – Pro emergenze Onlus” (campo profughi di Afabet, in seguito alla guerra fra Eritrea ed Etiopia). Successivamente, nel 2003, sono stati realizzati progetti per portare acqua in alcuni villaggi nella sona di Keren insieme a Consiag e Publiacqua di Prato, per la costruzione di un pozzo a Mai-Minè nel 2004 e per la ricostruzione di un dispensario e di una scuola danneggiati dai bombardamenti. Sono stati anche attuati dei percorsi il sostegno sanitario dei bambini e degli adulti colpiti da HIV. Questa realtà ha permesso la realizzazione di campi lavoro per i giovani della Diocesi di Prato e che a loro volta hanno fondato l’Associazione Shaleku onlus.

Per ottimizzare tutte le risorse sul territorio pratese e fiorentino, a sostegno della realtà eritrea,  è stata fondata nel 2003  “In Rete per  Keren”  che vede come partner locale privilegiato ma non esclusivo l’Eparchia di Keren e come facenti parte del gruppo Caritas Prato, Caritas Firenze, Ass. Shaleku onlus (sostegno alle scuole, microcredito e promozione sul territorio), Ass. Chebì Onlus (sanitario e acqua), Madonna della Fiducia (adozioni a distanza), Misericordia dell’Antella (sanità), Progetto Agata Smeralda (adozioni a distanza e sostegno ad una scuola), Centro Missionario Medicinali di Firenze (invio farmaci). Ogni associazione agisce all’interno del proprio settore specifico che serve alla realizzazioni di attività di progetto o iniziative. Per trovare fondi a sostegno dei progetti, i componenti di “In rete per Keren” partecipano a bandi garantendo al proponente, che cambia in base alle tematiche del bando, sostegno e partecipazione concreta alla realizzazione delle attività.

Per una descrizione del progetto segui il collegamento

acqua speranza vita

 

PROGETTO CONCLUSO

Eritrea (2006-2007)

Progetto Didattico

Anno Scolastico 2006/2007

Acquedotto In Eritrea- Villaggio Di Wasbensrikh

Istituto Gramsci-Keynes

 

Presentazione Del  Progetto

L’Acqua: Un Bene Di Tutti E Per Tutti

(La Pedagogia Dei Fatti)

 

Nella Repubblica Di Eritrea Diritto All’Acqua Significa Non Soltanto Diritto Alla Salute Ma, Ancor Prima, Diritto Ad Esistere: Prima Che Per I Normali Utilizzi Igienico-Sanitari, L’Acqua

Progetto didattico

anno scolastico 2006/2007

acquedotto in eritrea- villaggio di wasbensrikh

istituto gramsci-keynes

 

presentazione del  progetto

l’acqua: un bene di tutti e per tutti

(la pedagogia dei fatti)

 

nella repubblica di eritrea diritto all’acqua significa non soltanto diritto alla salute ma, ancor prima, diritto ad esistere: prima che per i normali utilizzi igienico-sanitari, l’acqua serve a dissetarsi e alimentarsi ed è incredibile, oltre che crudele, che ancora oggi, nel terzo millennio, uomini di altre terre e continenti ne siano privi.

Per allontanare questo spettro almeno per un villaggio dell’eritrea, è nato questo progetto di cooperazione internazionale, volto a creare un acquedotto in uno dei paesi più tormentati del mondo africano.

L’africa offre oggi uno scenario inquietante legato al sottosviluppo di un’ economia i cui problemi penalizzano le condizioni di vita di intere popolazioni, costrette a sopravvivere in condizioni di poverta’ estrema. In questo continente, già deprivato nei secoli scorsi delle proprie risorse umane e naturali, e oggi sconquassato dagli effetti perversi della globalizzazione e dagli squilibri legati all’aumento della miseria, la denutrizione e’ una piaga sociale, cui si somma il rischio di morte per carenza idrica. Il problema idrico si sta aggravando anche per effetto del riscaldamento globale del pianeta, dovuto in gran parte all’impatto umano sull’ambiente.

Il presente progetto non nasce dal nulla; esistono già interventi in eitrea: la solidarieta’ della caritas di prato e di istituzioni e singoli ha permesso realizzazioni in campo idrico, con la costruzione di acquedotti di villaggio, pozzi e la edificazione di una scuola ad hagaz. In quest’ ultima sono attivi interventi finalizzati all’educazione dei giovani, al sostegno e al dialogo tra religioni (cattolicesimo e islamismo), alla promozione sociale delle donne (con l’accesso al credito), alla sensibilizzazione per la pace e la giustizia.

La cooperazione come progetto scolastico

trasformare in azioni concrete la nostra voglia di solidarietà, lavorare contro le ingiustizie che creano disuguaglianze, permettere l’accesso ai diritti fondamentali ad altri esseri umani, sviluppare percorsi di cooperazione internazionale per stabilire legami di solidarietà fattiva tra la  popolazione che riceve e chi offre un sostegno, modesto ma incomparabile se comparato ai livelli e alle condizioni di vita locali, sono le motivazioni che sottendono questo progetto.

La possibilita’ di coinvolgere i giovani in una “pedagogia dei fatti” significa non fermarsi al proclama di valori ma renderli  attuali, visibili e praticati dagli stessi ragazzi.

Tutto cio’ serve anche a  far pensare alle modalita’ e alla qualità del nostro vivere in una societa’ moderna, portando i giovani  a riflettere  sui nostri modelli di consumo, sulle nostre scelte quotidiane, legate ai  gesti più semplici, (come quello di aprire, per esempio, i  rubinetti di casa) utilizzando una risorsa, l’acqua potabile, che tanti nel pianeta non hanno: uno stimolo dunque a conoscere, valutare, capire, per avviare un percorso e per diventare consumatori consapevoli, sapendo che  il consumo è una realtà determinante nelle scelte di investimento della società contemporanea.

Il presente progetto  si caratterizza quindi per un doppio versante educativo.

Innanzitutto consente il coinvolgimento della scuola con istituzioni, associazioni e aziende del territorio, in un’ opera di solidarietà concreta e in grado di far sperimentare “sul campo” ciò che sui banchi di scuola si sta studiando, lavorando di concerto con tecnici professionali.

Inoltre offre la possibilita’ di rendersi conto che le nostre scelte quotidiane possono orientare il mercato, e che occorre non rimanere passivi e rifiutare di venire stritolati dalla logica dello spreco, per un consumo critico e intelligente  che possa aumentare il benessere di tutti.

Presentazione dell’intervento tecnico

l’intervento didattico,  cogliendo le opportunita’ offerte dal progetto di cooperazione internazionale per la realizzazione dell’acquedotto nel villaggio di wasbenrishk, promosso dalla caritas di prato, e’ volto al potenziamento delle competenze professionali dell’indirizzo “geometri” in un percorso concreto e coniugate con la possibilità di mettere in atto quanto precedentemente appreso sui banchi di scuola.

Luogo dell’intervento e’il  villaggio di wasbensrikh, nella regione anseba, nel nord dell’eritrea.

La regione è già da diversi anni colpita da una siccità che comporta l’assenza delle pioggie nella stagione estiva, fenomeno che ricade pesantemente sull’approvvigionamento idrico della popolazione e provoca consistenti danni all’economia agricola, già per altro precaria.

Il presente progetto presenta le linee formali di un intervento didattico che configura le competenze dell’indirizzo “geometri”  nella progettazione di una conduttura idrica passando attraverso le varie fasi di conoscenza del problema sociale da risolvere, degli aspetti morfologici del terreno, del disegno del sistema di distribuzione dell’acqua, fino al reperimento dei materiali e alla stima dei costi, tutto questo in sinergia con i tecnici di publiacqua.  Condizioni internazionali permettendo, il progetto concluderà nella installazione in loco dell’acquedotto precedentemente progettato, in collaborazione con i tecnici di publiacqua e con quelli locali.

L’impianto da realizzare prevede la costruzione di un pozzo nell’alveo del fiume anseba, dalla profondità di circa 10 metri e dal diametro di metri 3,50, con l’installazione di una pompa sommersa collegata a un serbatoio mediante una condotta della lunghezza di circa 2400 metri: da qui partiranno le condutture per le 5 fontane pubbliche, poste in modo da consentire in maniera efficace la distribuzione dell’acqua alla popolazione. Tale intervento garantirà l’aumento della dotazione idrica pro capite del 50 %, e abbatterà la percorrenza giornaliera di 5 chilometri degli abitanti di wasbensrikh per recarsi al fiume a prelevare l’acqua.

(e’ doveroso aggiungere che l’acqua viene attualmente bevuta con forte presenza di sostanze inquinanti di tipo fecale).

Tecnicamente il progetto prevede la realizzazione di questa infrastruttura  in compartecipazione con soggetti incaricati dal  dipartimento idrico locale, cui verrà impartito il corso di formazione   per la manutenzione futura dell’impianto. Al termine dei lavori, l’opera verrà consegnata al dipartimento idrico locale, che ne curerà il funzionamento tecnico ed amministrativo.

Tavolo del parternariato

il presente progetto raccorda un partenariato a molte voci, che coinvolge la partecipazione di:  soggetti coinvolti:  water right foundation / caritas / provincia di    prato (assessorato alle politiche sociali, giovanili e della pace) /  publiacqua / associazione prato per la pace / gruppo shaleku.

La creazione di una rete di soggetti,  ognuno con le proprie competenze, impegnati in un’ opera concreta e solidale  è un valore aggiuntivo di notevole spessore, dal punto di vista culturale e  formativo. Lavorare sul diritto all’acqua e coinvolgere i giovani in formazione significa educare a una prospettiva di responsabilità individuale e collettiva, che interagisce a più livelli e mette in gioco valori molteplici, tutti  ugualmente importanti: la costruzione di una coscienza globale dei diritti, la necessità di lavorare nella e per la solidarietà, la cooperazione come lotta al sottosviluppo, la riflessione su un consumo critico e responsabile, la sensibilizzazione sul valore fondamentale ma esauribile dell’acqua, il rispetto per l’ambiente, la responsabilizzazione dei giovani nei confronti di popolazioni in condizioni di poverta estrema.

Il progetto è articolato in modo da coinvolgere gli studenti dell’istituto nel percorso informativo e culturale e gli studenti dell’indirizzo geometri nel percorso progettuale dell’acquedotto, ma prevede anche conferenze rivolte alla cittadinanza e con la partecipazione dei vari soggetti aderenti al tavolo del partenariato. E’ evidente infatti che la consapevolezza del diritto di tutti all’ acqua, la creazione di un consumo critico  e il sostegno a progetti di sviluppo per i  paesi del sud del mondo   sono tematiche di grande significato civile, culturale,  ambientale e sociale e tutti i partner del progetto sono in tal senso chiamati a realizzare incontri di comunicazione  cittadina per condividere intenti e risultati del presente progetto con la popolazione del territorio.

 

Progetto didattico

anno scolastico 2006/2007

e prospettive 2007/2008

acquedotto in eritrea- villaggio di wasbensrikh

istituto gramsci-keynes

 

classi interessate

4 a g

4 a s

3 a prog. Cinque

(eventuali singoli alunni di altre classi)

docenti coinvolti

cannata, decuzzi, lisetti, maruca, paladin, rotondaro, siragusa.

Durata progetto

inizio progetto : settembre 2006

termine esecuzione lavori: maggio 2007

termine pubblicizzazione progetto: anno scolastico 2007/8

tavolo del partenariato

soggetti coinvolti:  water right foundation / caritas / publiacqua / provincia di  prato (assessorato alle politiche sociali, giovanili e della pace) /   associazione prato per la pace / gruppo shaleku.

Soggetto capofila

caritas

finalita’ educative

educazione alla solidarieta’ fattiva
responsabilizzazione dei giovani nei confronti di situazioni di poverta’ estrema
coinvolgimento dei giovani in progetti di cooperazione internazionale.
Sensibilizzazione sul valore della risorsa acqua
formazione di una consapevole coscienza ambientale
riflessione e formazione sugli stili di vita

 

obiettivi del progetto

progettazione di una condotta idrica in eritrea (wasbensrikh)
percorso tecnico formativo prima della esecuzione del

progetto

cantierizzazione ed esecuzione del progetto
pubblicizzazione del progetto nel territorio

 

articolazione didattica del progetto

►per l’istituto

conferenza per le classi dell’istituto e quelle indicate nel progetto “l’acqua nel terzo millennio: situazione generale, condizioni nel corno d’africa, prospettive”. Prof. Dinucci

tempi: inizio ottobre

► per le classi di progetto (4 ag / 4 as /3 p5 )

a classi intere: 3/4 incontri con rappresentanti di caritas, gruppo shaleku  e tecnici di publiacqua per condividere aspetti interculturali, dati concreti, grafici, conoscenza del territorio e improntare il lavoro

tempi: ottobre

►per il gruppo di progetto (formato da alunni selezionati nelle classi di progetto personalmente interessati all’iniziativa e dai docenti indicati; il percorso vede l’accompagnamento dei tecnici di publiacqua)

elaborazione dei grafici
relazioni tecniche
calcoli di dimensionamento
stima dell’opera
scelta dei materiali

tempi: quattro mesi (novembre/dicembre/gennaio/febbraio/marzo)

►in eritrea

per 6 alunni coinvolti e 1/2 accompagnatori:

cantierizzazione in loco ed esecuzione della condotta   idrica. (l’ accompagnatore potrebbe essere anche non nello staff di realizzazione del progetto)

tempi: aprile

durata: 18 giorni (viaggio, illustrazione dell’ opera di cantierizzazione)

►conferenze previste aperte alla cittadinanza (con la presenza di tutti i partner coinvolti nel partenariato)   per la  condivisione nel territorio  delle finalita’ del progetto

conferenza stampa iniziale di tutti i partner dal titolo: come e perche’ di un progetto
conferenza stampa in corso d’opera per informare la cittadinanza sulle condizioni politiche e sociali in eritrea e circa lo stato di avanzamento del progetto: si prevede la partecipazione di giornalisti e politici
conferenza stampa dopo il ritorno dall’eritrea, con la presenza dei ragazzi e professori per:valorizzare il lavoro tecnico dei ragazzi e valorizzare il percorso formativo dei ragazzi
dopo la realizzazione dell’impianto in eritrea si prevedono la produzione di un filmato e l’ allestimento di materiale fotografico, utili per:
fare un progetto di sensibilizzazione che prenda spunto dall’esperienza fatta, da divulgare sia all’interno dell’istituto, sia in altre scuole, sia tra la cittadinanza.

(gli enti finanziatori del progetto hanno diritto di utilizzo del materiale filmico e fotografico prodotto per loro finalità).

Modalita’ di lavoro

grande flessibilita’ da parte dell’istituto gramsci-keynes e dei soggetti partner nel rimodulare in itinere il presente progetto in relazione a circostanze non prevedibili in fase di stesura progettuale, compreso l’eventuale ampliamento del gruppo del parternariato, mantenendo inalterati obiettivi e finalita’.

Serve A Dissetarsi E Alimentarsi Ed È Incredibile, Oltre Che Crudele, Che Ancora Oggi, Nel Terzo Millennio, Uomini Di Altre Terre E Continenti Ne Siano Privi.

Per Allontanare Questo Spettro Almeno Per Un Villaggio Dell’Eritrea, È Nato Questo Progetto Di Cooperazione Internazionale, Volto A Creare Un Acquedotto In Uno Dei Paesi PiÙ Tormentati Del Mondo Africano.

L’Africa Offre Oggi Uno Scenario Inquietante Legato Al Sottosviluppo Di Un’ Economia I Cui Problemi Penalizzano Le Condizioni Di Vita Di Intere Popolazioni, Costrette A Sopravvivere In Condizioni Di Poverta’ Estrema. In Questo Continente, GiÀ Deprivato Nei Secoli Scorsi Delle Proprie Risorse Umane E Naturali, E Oggi Sconquassato Dagli Effetti Perversi Della Globalizzazione E Dagli Squilibri Legati All’Aumento Della Miseria, La Denutrizione E’ Una Piaga Sociale, Cui Si Somma Il Rischio Di Morte Per Carenza Idrica. Il Problema Idrico Si Sta Aggravando Anche Per Effetto Del Riscaldamento Globale Del Pianeta, Dovuto In Gran Parte All’Impatto Umano Sull’Ambiente.

Il Presente Progetto Non Nasce Dal Nulla; Esistono GiÀ Interventi In Eitrea: La Solidarieta’ Della Caritas Di Prato E Di Istituzioni E Singoli Ha Permesso Realizzazioni In Campo Idrico, Con La Costruzione Di Acquedotti Di Villaggio, Pozzi E La Edificazione Di Una Scuola Ad Hagaz. In Quest’ Ultima Sono Attivi Interventi Finalizzati All’Educazione Dei Giovani, Al Sostegno E Al Dialogo Tra Religioni (Cattolicesimo E Islamismo), Alla Promozione Sociale Delle Donne (Con L’Accesso Al Credito), Alla Sensibilizzazione Per La Pace E La Giustizia.

La Cooperazione Come Progetto Scolastico

Trasformare In Azioni Concrete La Nostra Voglia Di SolidarietÀ, Lavorare Contro Le Ingiustizie Che Creano Disuguaglianze, Permettere L’Accesso Ai Diritti Fondamentali Ad Altri Esseri Umani, Sviluppare Percorsi Di Cooperazione Internazionale Per Stabilire Legami Di SolidarietÀ Fattiva Tra La  Popolazione Che Riceve E Chi Offre Un Sostegno, Modesto Ma Incomparabile Se Comparato Ai Livelli E Alle Condizioni Di Vita Locali, Sono Le Motivazioni Che Sottendono Questo Progetto.

La Possibilita’ Di Coinvolgere I Giovani In Una “Pedagogia Dei Fatti” Significa Non Fermarsi Al Proclama Di Valori Ma Renderli  Attuali, Visibili E Praticati Dagli Stessi Ragazzi.

Tutto Cio’ Serve Anche A  Far Pensare Alle Modalita’ E Alla QualitÀ Del Nostro Vivere In Una Societa’ Moderna, Portando I Giovani  A Riflettere  Sui Nostri Modelli Di Consumo, Sulle Nostre Scelte Quotidiane, Legate Ai  Gesti PiÙ Semplici, (Come Quello Di Aprire, Per Esempio, I  Rubinetti Di Casa) Utilizzando Una Risorsa, L’Acqua Potabile, Che Tanti Nel Pianeta Non Hanno: Uno Stimolo Dunque A Conoscere, Valutare, Capire, Per Avviare Un Percorso E Per Diventare Consumatori Consapevoli, Sapendo Che  Il Consumo È Una RealtÀ Determinante Nelle Scelte Di Investimento Della SocietÀ Contemporanea.

Il Presente Progetto  Si Caratterizza Quindi Per Un Doppio Versante Educativo.

Innanzitutto Consente Il Coinvolgimento Della Scuola Con Istituzioni, Associazioni E Aziende Del Territorio, In Un’ Opera Di SolidarietÀ Concreta E In Grado Di Far Sperimentare “Sul Campo” CiÒ Che Sui Banchi Di Scuola Si Sta Studiando, Lavorando Di Concerto Con Tecnici Professionali.

Inoltre Offre La Possibilita’ Di Rendersi Conto Che Le Nostre Scelte Quotidiane Possono Orientare Il Mercato, E Che Occorre Non Rimanere Passivi E Rifiutare Di Venire Stritolati Dalla Logica Dello Spreco, Per Un Consumo Critico E Intelligente  Che Possa Aumentare Il Benessere Di Tutti.

Presentazione Dell’Intervento Tecnico

L’Intervento Didattico,  Cogliendo Le Opportunita’ Offerte Dal Progetto Di Cooperazione Internazionale Per La Realizzazione Dell’Acquedotto Nel Villaggio Di Wasbenrishk, Promosso Dalla Caritas Di Prato, E’ Volto Al Potenziamento Delle Competenze Professionali Dell’Indirizzo “Geometri” In Un Percorso Concreto E Coniugate Con La PossibilitÀ Di Mettere In Atto Quanto Precedentemente Appreso Sui Banchi Di Scuola.

Luogo Dell’Intervento E’Il  Villaggio Di Wasbensrikh, Nella Regione Anseba, Nel Nord Dell’Eritrea.

La Regione È GiÀ Da Diversi Anni Colpita Da Una SiccitÀ Che Comporta L’Assenza Delle Pioggie Nella Stagione Estiva, Fenomeno Che Ricade Pesantemente Sull’Approvvigionamento Idrico Della Popolazione E Provoca Consistenti Danni All’Economia Agricola, GiÀ Per Altro Precaria.

Il Presente Progetto Presenta Le Linee Formali Di Un Intervento Didattico Che Configura Le Competenze Dell’Indirizzo “Geometri”  Nella Progettazione Di Una Conduttura Idrica Passando Attraverso Le Varie Fasi Di Conoscenza Del Problema Sociale Da Risolvere, Degli Aspetti Morfologici Del Terreno, Del Disegno Del Sistema Di Distribuzione Dell’Acqua, Fino Al Reperimento Dei Materiali E Alla Stima Dei Costi, Tutto Questo In Sinergia Con I Tecnici Di Publiacqua.  Condizioni Internazionali Permettendo, Il Progetto ConcluderÀ Nella Installazione In Loco Dell’Acquedotto Precedentemente Progettato, In Collaborazione Con I Tecnici Di Publiacqua E Con Quelli Locali.

L’Impianto Da Realizzare Prevede La Costruzione Di Un Pozzo Nell’Alveo Del Fiume Anseba, Dalla ProfonditÀ Di Circa 10 Metri E Dal Diametro Di Metri 3,50, Con L’Installazione Di Una Pompa Sommersa Collegata A Un Serbatoio Mediante Una Condotta Della Lunghezza Di Circa 2400 Metri: Da Qui Partiranno Le Condutture Per Le 5 Fontane Pubbliche, Poste In Modo Da Consentire In Maniera Efficace La Distribuzione Dell’Acqua Alla Popolazione. Tale Intervento GarantirÀ L’Aumento Della Dotazione Idrica Pro Capite Del 50 %, E AbbatterÀ La Percorrenza Giornaliera Di 5 Chilometri Degli Abitanti Di Wasbensrikh Per Recarsi Al Fiume A Prelevare L’Acqua.

(E’ Doveroso Aggiungere Che L’Acqua Viene Attualmente Bevuta Con Forte Presenza Di Sostanze Inquinanti Di Tipo Fecale).

Tecnicamente Il Progetto Prevede La Realizzazione Di Questa Infrastruttura  In Compartecipazione Con Soggetti Incaricati Dal  Dipartimento Idrico Locale, Cui VerrÀ Impartito Il Corso Di Formazione   Per La Manutenzione Futura Dell’Impianto. Al Termine Dei Lavori, L’Opera VerrÀ Consegnata Al Dipartimento Idrico Locale, Che Ne CurerÀ Il Funzionamento Tecnico Ed Amministrativo.

Tavolo Del Parternariato

Il Presente Progetto Raccorda Un Partenariato A Molte Voci, Che Coinvolge La Partecipazione Di:  Soggetti Coinvolti:  Water Right Foundation / Caritas / Provincia Di    Prato (Assessorato Alle Politiche Sociali, Giovanili E Della Pace) /  Publiacqua / Associazione Prato Per La Pace / Gruppo Shaleku.

La Creazione Di Una Rete Di Soggetti,  Ognuno Con Le Proprie Competenze, Impegnati In Un’ Opera Concreta E Solidale  È Un Valore Aggiuntivo Di Notevole Spessore, Dal Punto Di Vista Culturale E  Formativo. Lavorare Sul Diritto All’Acqua E Coinvolgere I Giovani In Formazione Significa Educare A Una Prospettiva Di ResponsabilitÀ Individuale E Collettiva, Che Interagisce A PiÙ Livelli E Mette In Gioco Valori Molteplici, Tutti  Ugualmente Importanti: La Costruzione Di Una Coscienza Globale Dei Diritti, La NecessitÀ Di Lavorare Nella E Per La SolidarietÀ, La Cooperazione Come Lotta Al Sottosviluppo, La Riflessione Su Un Consumo Critico E Responsabile, La Sensibilizzazione Sul Valore Fondamentale Ma Esauribile Dell’Acqua, Il Rispetto Per L’Ambiente, La Responsabilizzazione Dei Giovani Nei Confronti Di Popolazioni In Condizioni Di Poverta Estrema.

Il Progetto È Articolato In Modo Da Coinvolgere Gli Studenti Dell’Istituto Nel Percorso Informativo E Culturale E Gli Studenti Dell’Indirizzo Geometri Nel Percorso Progettuale Dell’Acquedotto, Ma Prevede Anche Conferenze Rivolte Alla Cittadinanza E Con La Partecipazione Dei Vari Soggetti Aderenti Al Tavolo Del Partenariato. E’ Evidente Infatti Che La Consapevolezza Del Diritto Di Tutti All’ Acqua, La Creazione Di Un Consumo Critico  E Il Sostegno A Progetti Di Sviluppo Per I  Paesi Del Sud Del Mondo   Sono Tematiche Di Grande Significato Civile, Culturale,  Ambientale E Sociale E Tutti I Partner Del Progetto Sono In Tal Senso Chiamati A Realizzare Incontri Di Comunicazione  Cittadina Per Condividere Intenti E Risultati Del Presente Progetto Con La Popolazione Del Territorio.

 

Progetto Didattico

Anno Scolastico 2006/2007

E Prospettive 2007/2008

Acquedotto In Eritrea- Villaggio Di Wasbensrikh

Istituto Gramsci-Keynes

 

Classi Interessate

4 A G

4 A S

3 A Prog. Cinque

(Eventuali Singoli Alunni Di Altre Classi)

Docenti Coinvolti

Cannata, Decuzzi, Lisetti, Maruca, Paladin, Rotondaro, Siragusa.

Durata Progetto

Inizio Progetto : Settembre 2006

Termine Esecuzione Lavori: Maggio 2007

Termine Pubblicizzazione Progetto: Anno Scolastico 2007/8

Tavolo Del Partenariato

Soggetti Coinvolti:  Water Right Foundation / Caritas / Publiacqua / Provincia Di  Prato (Assessorato Alle Politiche Sociali, Giovanili E Della Pace) /   Associazione Prato Per La Pace / Gruppo Shaleku.

Soggetto Capofila

Caritas

Finalita’ Educative

Educazione Alla Solidarieta’ Fattiva
Responsabilizzazione Dei Giovani Nei Confronti Di Situazioni Di Poverta’ Estrema
Coinvolgimento Dei Giovani In Progetti Di Cooperazione Internazionale.
Sensibilizzazione Sul Valore Della Risorsa Acqua
Formazione Di Una Consapevole Coscienza Ambientale
Riflessione E Formazione Sugli Stili Di Vita

 

Obiettivi Del Progetto

Progettazione Di Una Condotta Idrica In Eritrea (Wasbensrikh)
Percorso Tecnico Formativo Prima Della Esecuzione Del

Progetto

Cantierizzazione Ed Esecuzione Del Progetto
Pubblicizzazione Del Progetto Nel Territorio

 

Articolazione Didattica Del Progetto

►Per L’Istituto

Conferenza Per Le Classi Dell’Istituto E Quelle Indicate Nel Progetto “L’Acqua Nel Terzo Millennio: Situazione Generale, Condizioni Nel Corno D’Africa, Prospettive”. Prof. Dinucci

Tempi: Inizio Ottobre

► Per Le Classi Di Progetto (4 Ag / 4 As /3 P5 )

A Classi Intere: 3/4 Incontri Con Rappresentanti Di Caritas, Gruppo Shaleku  E Tecnici Di Publiacqua Per Condividere Aspetti Interculturali, Dati Concreti, Grafici, Conoscenza Del Territorio E Improntare Il Lavoro

Tempi: Ottobre

►Per Il Gruppo Di Progetto (Formato Da Alunni Selezionati Nelle Classi Di Progetto Personalmente Interessati All’Iniziativa E Dai Docenti Indicati; Il Percorso Vede L’Accompagnamento Dei Tecnici Di Publiacqua)

Elaborazione Dei Grafici
Relazioni Tecniche
Calcoli Di Dimensionamento
Stima Dell’Opera
Scelta Dei Materiali

Tempi: Quattro Mesi (Novembre/Dicembre/Gennaio/Febbraio/Marzo)

►In Eritrea

Per 6 Alunni Coinvolti E 1/2 Accompagnatori:

Cantierizzazione In Loco Ed Esecuzione Della Condotta   Idrica. (L’ Accompagnatore Potrebbe Essere Anche Non Nello Staff Di Realizzazione Del Progetto)

Tempi: Aprile

Durata: 18 Giorni (Viaggio, Illustrazione Dell’ Opera Di Cantierizzazione)

►Conferenze Previste Aperte Alla Cittadinanza (Con La Presenza Di Tutti I Partner Coinvolti Nel Partenariato)   Per La  Condivisione Nel Territorio  Delle Finalita’ Del Progetto

Conferenza Stampa Iniziale Di Tutti I Partner Dal Titolo: Come E Perche’ Di Un Progetto
Conferenza Stampa In Corso D’Opera Per Informare La Cittadinanza Sulle Condizioni Politiche E Sociali In Eritrea E Circa Lo Stato Di Avanzamento Del Progetto: Si Prevede La Partecipazione Di Giornalisti E Politici
Conferenza Stampa Dopo Il Ritorno Dall’Eritrea, Con La Presenza Dei Ragazzi E Professori Per:Valorizzare Il Lavoro Tecnico Dei Ragazzi E Valorizzare Il Percorso Formativo Dei Ragazzi
Dopo La Realizzazione Dell’Impianto In Eritrea Si Prevedono La Produzione Di Un Filmato E L’ Allestimento Di Materiale Fotografico, Utili Per:
Fare Un Progetto Di Sensibilizzazione Che Prenda Spunto Dall’Esperienza Fatta, Da Divulgare Sia All’Interno Dell’Istituto, Sia In Altre Scuole, Sia Tra La Cittadinanza.

(Gli Enti Finanziatori Del Progetto Hanno Diritto Di Utilizzo Del Materiale Filmico E Fotografico Prodotto Per Loro Finalità).

Modalita’ Di Lavoro

Grande Flessibilita’ Da Parte Dell’Istituto Gramsci-Keynes E Dei Soggetti Partner Nel Rimodulare In Itinere Il Presente Progetto In Relazione A Circostanze Non Prevedibili In Fase Di Stesura Progettuale, Compreso L’Eventuale Ampliamento Del Gruppo Del Parternariato, Mantenendo Inalterati Obiettivi E Finalita’.

Etiopia (2018-2019)

La Caritas di Prato in Etiopia: 20-31 agosto 2018

Il viaggio missionario che la Caritas Diocesana di Prato organizza ogni anno si è svolto questa estate in Etiopia, dal 20 al 31 agosto 2018, presso la missione curata dalla Congregazione delle Figlie di Sant’Anna. Avviata nel villaggio di Mokonissa, nella foresta etiope a 35 km da Soddo, dai frati Cappuccini, la missione è proseguita inizialmente in collaborazione con le suore e successivamente affidata in via esclusiva all’istituto femminile.

Insieme alla direttrice della Caritas, Idalia Venco, a un sacerdote, Don Matteo Pedrini dell’Associazione pubblica di fedeli “I Ricostruttori nella preghiera” con sede presso la Villa del Palco, e a due seminaristi del Seminario di Prato, sono partiti dodici giovani di età compresa fra i 19 e i 35 anni, pronti a mettersi in gioco in un’esperienza che per quasi tutti noi è stata la prima esperienza missionaria.

All’arrivo in aeroporto ad Addis Abeba, dopo circa 11 ore di volo, il gruppo è stato accolto da suor Teresa Carella, responsabile della missione. Il viaggio di andata si è concluso quindi dopo un ulteriore tragitto di circa sette ore in pullman, necessario per raggiungere Mokonissa, una tratta che già da sé ci ha dato modo di poter cogliere la realtà di miseria e indigenza che sarebbe stata incontrata una volta a destinazione. L’accoglienza, la disponibilità e il calore delle suore hanno giocato un ruolo fondamentale nel permettere a tutti di ambientarsi in un mondo veramente “altro” da quello che ognuno di noi aveva vissuto fino a quel momento.

Questo viaggio ha offerto ad ogni partecipante l’occasione di fare conoscenza diretta del tessuto sociale e delle realtà missionarie presenti, attraverso l’incontro con le famiglie direttamente nelle loro abitazioni e l’animazione coi bambini, oltre alla visita presso la clinica e l’asilo, a Mokonissa; mentre a Boditti (centro cittadino meno rurale del villaggio ospitante a 15 chilometri da Soddo) è stato possibile visitare le scuole elementari e medie, sempre ovviamente gestite dalle suore. Ancora nella stessa Soddo la Caritas Diocesana di Prato ha finanziato un progetto di microimprenditoria, attraverso i fondi raccolti mediante la Quaresima di Carità, che ha permesso l’apertura, da parte di due donne, di un chioschetto di frutta. Anche in questo caso è stato molto bello per noi vedere un piccolo, ma significativo frutto, sbocciato dai semi donati dalla nostra chiesa di Prato.

Le attività richieste ai partecipanti sono state per lo più semplici, senza particolare fatica o complessità intellettuale, ruoli che la maggior parte di noi aveva già rivestito nelle realtà parrocchiali di provenienza (si pensi anche al solo essere animatori dei campi estivi). La criticità più rilevante si è manifestata invece nello scontrarsi, soprattutto in un primo momento, con forme di povertà, oltre che estrema, presente in vesti totalmente estranee a quelle alle quali ci ha abituati il mondo occidentale, con tutte le difficoltà di comprensione non tanto linguistica quanto del modo di comportarsi, soprattutto dei bambini. Per questo si è reso necessario un aiuto forte da parte di Idalia, di don Matteo e delle stesse suore nell’introdurci a un modo di pensare fuori dagli schemi abituali.

In un primo tempo abbiamo quindi percepito queste persone come bambini semplicemente “ingestibili”, ai quali era risultato all’atto pratico impossibile insegnare non tanto dei giochi strutturati, quanto ancora prima, far fare loro un semplice cerchio. Siamo però stati aiutati a comprendere come questi siano bambini il più delle volte privati della possibilità di “essere bambini”, di giocare e crescere come siamo abituati dalle nostre parti. L’impostazione patriarcale delle famiglie di questa regione dell’Etiopia costringe le donne e i fanciulli ad essere coloro che portano avanti l’economia domestica, svolgendo tutti i lavori più umili e gravosi, come andare a prendere l’acqua o pascolare il bestiame. Comprendere tutto questo ci ha permesso di cambiare il nostro approccio, il nostro atteggiamento e la nostra consapevolezza.

Le occasioni di socializzazione sono state davvero molte: dalla messa del mattino con la comunità locale all’incontro con gli “ex-giovani”, ovverosia con i primi ragazzi di cui si prese cura suor Teresa quando arrivò a Mokonissa, oggi adulti con una famiglia ed una stabile occupazione, compresa la partita di calcio Etiopia-Italia (vinta dal gruppo missionario, ndr), disputata per volontà condivisa dei ragazzi del luogo e italiani. Il rito del caffè etiope ha rappresentato inoltre più volte un sereno momento di convivialità e conoscenza, sia con le suore che col parroco, oltre a regalare uno spaccato sulle usanze locali.

Hanno coronato l’esperienza la visita alla realtà di accoglienza e recupero di ragazzi di strada voluta e portata avanti da Abba Marcello a Soddo su invito di uno dei responsabili della struttura, conosciuto dalla Caritas Diocesana di Prato a Pesaro (da cui Abba Marcello proviene), e la visita alle cattedrali cattoliche e ortodosse e a similari realtà di vita comunitaria, sempre ortodosse.

La convivenza e i momenti di condivisione e preghiera comune quotidiana hanno contribuito a creare unione fra noi, un gruppo di persone che si è incontrato praticamente per la prima volta per questa occasione, ognuno proveniente da diverse realtà e da diverse esperienze pregresse. Vivere questi tempi insieme è davvero servito a incoraggiare il confronto e la riflessione, nonché ad indirizzare le attività della giornata sui binari del messaggio evangelico.

È stata occasione per molti di approcciarsi per la prima volta alla povertà nella sua forma più cruda, nelle periferie esistenziali (ma anche del mondo), violentemente stimolati a introiettare e riflettere su temi che spesso si preferisce ignorare per la loro difficoltà e per il senso di inadeguatezza di fronte a qualunque sforzo venga profuso nel tentativo di cercare una soluzione a problemi immensi. Una povertà però qui vissuta senza rabbia, col sorriso, dei piccoli come dei grandi, una povertà materiale a cui non corrisponde una povertà umana che tanto rischia di assuefare un mondo, il nostro, dove di materiale non manca niente.

La constatazione forse più ovvia, ma non la più immediata, vista la quantità ingente di sollecitazioni che le giornate avevano da offrire, riguarda la presenza viva della Chiesa, unico sostegno in ambienti altrimenti lasciati completamente a loro stessi, piccolo gregge pulsante nel suo farsi annunciatore tramite l’esempio, o come nel caso delle sorelle che ci hanno accolto, attraverso tutta una vita spesa per gli altri.

Il bilancio dell’esperienza non può che considerarsi positivo su tutta la linea, ovviamente senza considerare il “positivo” come “bello”, bensì leggendo nella giusta ottica il “positivo” di un’esperienza che voleva essere un qualcosa di forte, segnante, punto di partenza per ulteriori riflessioni e considerazioni, sprone e “vocazione” per la fede di ciascuno dei partecipanti: obiettivi pienamente centrati, nella speranza che diventino veicolo di sano contagio di quella carità di cui c’è tanto bisogno anche nei nostri ambienti.

G.

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Non è la prima volta che vado in Africa. È sempre per me una gioia incontrare questo popolo tanto semplice nel proprio vivere quotidiano, ma così complesso nelle sue tradizioni e, in ogni caso, secondo me, con tante cose da insegnarci.

In questo viaggio abbiamo avuto modo di incontrare molte persone, sottolineo “abbiamo” perché chiaramente non ero solo, ma con un gruppo di “piccoli missionari” eterogenei tra loro, ma con un intento unico: aiutare il villaggio di Mokonissa dove abbiamo vissuto per una settimana.

Per arrivare alla missione occorre lasciare la strada asfaltata che proviene dalla capitale e dopo una mezz’ora di macchina su una strada di terra battuta si arriva alla missione. Già percorrendo questa strada si possono vedere le loro abitazioni molto vicine tra loro chiamate “tucul”, con tanti bambini vestiti poco e male e molti senza scarpe. Quasi tutte le famiglie sono contadine, anche se non tutte possiedono una terra da coltivare. Comunque la gente pur nella estrema povertà è sempre allegra, affabile e aperta.

Indro Montanelli che conosceva bene l’Africa, e in particolare l’Etiopia, diceva: “Per aiutare l’Africa non servono né le diplomazie con i loro protocolli, né gli eserciti con le loro armi: servono solo i missionari. Se vogliamo aiutare l’Africa aiutiamo loro”.

E credo che questo ancora oggi sia vero, secondo la mia esperienza missionaria; e ancor di più dopo aver incontrato le suore, le Figlie di Sant’Anna. La loro presenza lì è di estrema importanza per il loro impegno nell’istruzione e nell’educazione cristiana della gioventù ( gestiscono una scuola materna e una scuola elementare). Un altro elemento importante e il loro impegno nel campo infermieristico in favore dei malati e degli orfani. Tutto il loro impegno e questa dedizione alla gente di Mokonissa è apprezzato dalla gente stessa che mostra loro grande rispetto e amore.

Siamo stati nelle “periferie esistenziali “con i più poveri, come ci invita ripete spesso Papa Francesco; siamo andati per creare ponti di umanità aiutando le suore di Sant’Anna missionarie di Mokonissa.

M.

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Insieme ai giovani della Caritas sono partito alla volta dell’Etiopia con molta trepidazione e, devo dire la verità, anche con un po’ di preoccupazione. L’impatto iniziale, una volta scesa dall’aereo, non è stato dei migliori: l’aria inquinata, la confusione, mi avevano creato ansia, finché tra il via vai di gente non si è fatta avanti suor Teresa che ci ha accolti con un grande sorriso, per me rassicurante.

Non avrei mai immaginato di trovare questo sorriso nel volto dei poveri di Mokonissa, in quello dei bambini che ovunque ti si stringevano attorno, come anche in quello dei più anziani che ti accoglievano con una disponibilità disarmante. Mi sono accorto che qui i poveri sorridono sempre. È un sorriso che non nasconde l’indigenza, ma fa emergere una straordinaria umanità di cui noi, che abbiamo tutto, siamo spesso poveri.

Per un attimo ho smesso di pensare ai poveri come un problema e li ho visti come un dono. È proprio vero, i poveri, come dice Papa Francesco, ti “evangelizzano”, ti costringono a rivedere tante cose, a cambiare stile. I poveri ti sorridono e dietro il loro sorriso c’è quella misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso la loro vita.

S.

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Il viaggio in Etiopia dal 21 agosto al 4 settembre 2019

Un gruppo di 10 giovani, accompagnato da Don Matteo Pedrini, assistente spirituale della Caritas Diocesana, e da Giulio Bellini, operatore di “Insieme per la Famiglia” Onlus, anche quest’anno ha vissuto l’esperienza della condivisione con le popolazioni di Mokonissa e Gondar, in Etiopia. I ragazzi sono stati in particolare a contatto con i bambini della missione delle Suore Figlie di Sant’Anna e questo ha maturato in loro il senso di gratitudine per questa opportunità di allargare gli orizzonti della mente e del cuore.

Riportiamo qui la testimonianza di Eugenia, una delle ragazze che ha partecipato al viaggio: attraverso le sue parole si percepisce quanto prezioso sia stato incrociare gli sguardi dei piccoli e ammirare nei loro sorrisi la speranza che alcune volte facciamo fatica a scorgere negli occhi dei nostri ragazzi.

Non è stato semplice in questi giorni cercare di spiegare e di rendere a parole l’esperienza che ho vissuto in Etiopia, ma adesso, a freddo, comprendo che l’unica ricompensa per il grande dono che è stato questo viaggio sia trasmetterne la testimonianza.  Quando si parte per un viaggio del genere ci si aspetta sempre qualcosa, si pensa che ci sarà la possibilità di dare un aiuto concreto, ingenuamente si è fiduciosi di poter portare un cambiamento. Poi si prende contatto con la realtà delle cose e ci si sente piccoli perché si ha l’impressione che i nostri gesti scompaiano come granelli di sabbia nel deserto. Posso dire che l’unico vero cambiamento è quello che questa esperienza ha generato in me, rendendomi più consapevole, obbligandomi a mettermi in discussione.

Il nostro viaggio si è articolato fondamentalmente in due tappe, due missioni delle figlie di S. Anna, suore missionarie che ormai da decenni si spendono per garantire cure e istruzione nelle zone più povere del mondo. La loro comunità da qualche anno è in stretto contatto con la Caritas di Prato che ci ha permesso di fare questo viaggio. La prima tappa è stata  il villaggio di Mokonissa, nella ragione del Wolayta. Lì le suore hanno una clinica e un asilo, dove si prendono cura dei bambini e degli abitanti dei villaggi circostanti. La seconda tappa era invece nel nord dell’Etiopia, nella città di Gondar per la precisione. Qui abbiamo incontrato una situazione molto particolare. Da diversi mesi infatti lì si trovano centinaia di famiglia sfollate, profughi interni all’Etiopia, che hanno dovuto lasciare le loro case a causa di uno scontro etnico che ha diviso intere famiglie. Le suore hanno quindi preso in mano la situazione, offrendo ai bambini ogni giorno la colazione, il pranzo, del cibo da portare anche alle loro famiglie e delle aule dove si tenta di insegnare l’inglese e l’amarico, la lingua nazionale dell’Etiopia. In entrambe le missioni il nostro compito è stato quello di stare con i bambini, giocando con loro, facendo qualche lezione di inglese e aiutando le suore nel servire i pasti. Quella che abbiamo visto è stata una grande povertà materiale, la mancanza di cibo e di acqua, dei beni fondamentali, della possibilità di scegliere una vita diversa. Situazioni che ai nostri occhi non possono che apparire drammatiche. Quello che non ho mai visto però è uno sguardo disperato, uno sguardo perso. Ho trovato un’immensa gratitudine da parte di quei bambini per quello che stavo facendo, che era un nulla in confronto a tutto quello che ci sarebbe stato bisogno di fare.

Molti mi hanno detto in questi giorni, sentendo il mio racconto: “È un altro mondo”. È vero, è un altro mondo ed il confronto con questa “alterità” lascia disarmati in un primo momento, ma è ciò che ti dà la possibilità di metterti in discussione, di rivedere le tue priorità, illuminando la mente e l’anima con una luce diversa che improvvisamente rende tutto più chiaro. Nello sforzo di trovare un legame tra la disperazione oggettiva della situazione e i volti pieni di gioia dei bambini, si finisce per avvertire l’urgenza di ricercare il senso profondo della propria vita, del proprio agire nel mondo. In questo senso posso dire che questo viaggio è stato davvero un dono, assieme alla possibilità di conoscere le suore ed aiutarle nel loro lavoro. Queste donne compiono dei quotidiani miracoli, fronteggiando situazioni di continua emergenza, con grande forza d’animo, massimo impegno ed una fede incrollabile e assoluta nella provvidenza e nel suo progetto. La loro serenità nelle situazioni più difficili mi ha profondamente colpita e riempita di commozione allo stesso tempo. Per questo adesso, nell’attesa di poter tornare in quei luoghi, spero davvero di aver trovato le parole migliori per testimoniare la mia esperienza.

Eugenia

Moldavia (2011)

“EDUCARSI ALLA VITA BUONA”

PROGETTO COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO IN MOLDAVIA

Caritas di Prato – AGESCI Prato

 

La Moldavia, o Moldova, (ufficialmente Republica Moldova) è uno Stato dell’Europa orientale racchiuso tra la Romania e l’Ucraina. Si tratta di uno stato senza sbocco al mare.

Ha una popolazione stimata di circa 4.300.000 abitanti. Già parte del Principato di Moldova, nel 1812 entrò a far parte dell’Impero Russo; in seguito alla dissoluzione di questo, nel 1918 entrò a far parte della Romania andando a riunire nuovamente la Moldavia storica. Venne nuovamente annessa dall’UnioneSovietica nel 1940. Dal 1944 al 1991 fu una Repubblica Socialista Sovietica. Il 27 agosto 1991 dichiarò l’indipendenza dall’Unione Sovietica.

Capitale dello stato è la città di Chişinău con una popolazione stimata di 700.000 persone. La Moldavia è una repubblica parlamentare e dall’indipendenza la Moldavia è ufficialmente uno stato neutrale. Da tenere presente la realtà della Transnistria, entità sociale e politica autonoma con dogana e tasse proprie, che opera come un vero e proprio stato pur senza accreditamenti e riconoscimenti ufficiali.

La lingua ufficiale e maggioritaria sancita dalla costituzione è il moldavo, di ceppo neo-latino, variante della lingua rumena. Il nome italiano di questo paese è Moldavia. Tale nome appare ai Moldavi molto simile alla denominazione russa, per questo essi preferirebbero veder usato il nome Moldova, come nella lingua locale. Ciò ha fatto sì che oggi in italiano siano usate entrambe le varianti.

La Moldavia confina a ovest con la Romania e a sud, est e nord con l’Ucraina. Si estende per circa 33.800 km² su una striscia di territorio ampia circa 150 km in direzione est-ovest e lunga circa 350 km in direzione nord-sud. Il territorio del paese coincide grossomodo con la regione della Bessarabia, un’area pianeggiante compresa fra il fiume Prut ed il Nistro. La pianura è intervallata da alcuni gruppi di colline che difficilmente superano i 400 m s.l.m

A settentrione si trova un’area pianeggiante ondulata da modeste colline (non oltre i 300 m s.l.m.) e ricoperta in parte da foreste e in parte dedicata alla coltivazione dei cereali. Nella parte centrale del paese vi sono colline di maggiore altezza e ricoperte da foreste. In tale zona, a nordovest della capitale, si trova il punto di massima elevazione della Moldavia (429,5 m s.l.m.).

 

ECONOMIA

Il paese ha una tradizione agricola fin dal periodo dell’USSR, che oggi non riesce ad essere determinante economicamente per la popolazione dei villaggi rurali.

L’industria occupa il 20% della forza lavoro, mentre l’agricoltura oltre un terzo. Il PIL e l’indice di sviluppo umano sono i più bassi d’Europa. L’agricoltura e l’industria alimentare contribuiscono per circa il 40% del PIL. Si coltivano: grano, mais, avena, tabacco, barbabietola da zucchero, soia ed orzo. Marginali le produzioni di mele e frutta in genere. Buona diffusione hanno sia l’allevamento per la carne sia la produzione di derivati del latte. Diffusa l’apicultura. Notevole la produzione vinicola concentrata nella parte centrale e meridionale del paese.

L’economia del paese è sostenuta da aiuti internazionali strutturali e la popolazione si sostiene per il 50% con i trasferimenti di persone che lavorano all’estero. La popolazione femminile emigra verso l’Europa con prevalenza di professionalità nelle “badanti” ma ci sono anche situazioni di prostituzione e matrimoni tra donne moldave e uomini in età avanzata. Gli uomini emigrano verso la Russia per lavori nel campo edilizio.

La crisi internazionale sta facendo scricchiolare le basi di questa realtà che ha offerto una certa sicurezza economica sino ad ora. Anche la recente crisi energetica legata al blocco delle forniture da parte dell’USSR ha condizionata l’economia  locale.

La popolazione dei villaggi rurali sopravvive con la produzione familiare e con il bracciantato. La popolazione rurale ha avuto a suo tempo la disponibilità dei terreni distribuiti dopo il 1980 con criterio di appartenenza e capacità produttiva. In seguito grandi estensioni di terra sono passate di mano e vendute a grandi complessi che condizionano il mercato. Negli ultimi anni, siccità ed inondazioni, sono emergenze ricorrenti causa i cambiamenti climatici globali. Il paese, non avendo sistemi di irrigazione strutturati, è in balia degli eventi atmosferici con una produzione agricola soggetta a forti oscillazioni.

LE RELIGIONI E LA PRESENZA DELLA CHIESA CATTOLICA

La religione predominante è quella ortodossa, divisa tra Chiesa Ortodossa Russa che conta più di 1000 sacerdoti, e Chiesa Ortodossa Moldava con 110 sacerdoti.

La Diocesi di Chisinau nasce il 28 ottobre 1993, Vescovo Mons. Anton Cosa ed è l’unica diocesi che abbraccia tutta la Moldova e che può contare su una trentina di sacerdoti, quasi tutti provenienti da altri paesi. Poco più numerose le religiose di diversi Istituti.

Prima della caduta dell’Unione Sovietica c’era un solo sacerdote cattolico che cercava di portare aiuto ai pochi fedeli sparsi per il paese. Aveva poi lasciato il ministero e così per anni i cattolici non hanno avuto alcuna assistenza religiosa. Ora si dice siano più di diecimila.

Da un censimento fatto prima del comunismo risultava che nell’attuale territorio della Moldova c’erano circa 1000 chiese ortodosse, 600  sinagoghe, 200 luoghi di preghiera dei battisti  e 10 chiese cattoliche!

La Chiesa Cattolica è composta da un totale di 17 parrocchie di cui 5 in Trasnistria. Significativa è l’attività sociale della Chiesa Cattolica con interventi importanti verso le persone più povere del paese.

 

 

LA RETE CARITAS

La rete internazionale, che negli anni precedenti era stata particolarmente attiva, sta riducendo in maniera significativa alcuni interventi di sostegno.

Caritas Italiana, vista la particolare situazione di povertà e difficoltà generale in cui si trova la Moldova, dopo una attenta analisi dei bisogni, ha deciso di dare inizio ad alcune azioni di accompagnamento avendo ben presente di:

  • coinvolgere e coordinare alcune caritas diocesane italiane.
  • Individuare realtà locali che siano disposte a fare un percorso condiviso a medio/lungo termine.

Su espressa richiesta del Vescovo della Diocesi di Chisinau Mons. Anton Cosa, tutte le Caritas delle varie diocesi italiana verranno coordinata da Caritas Italiana che si interfaccia con Caritas Moldova.

Obiettivi generali del progetto

  • Affiancare chi opera sul campo con un concreto sostegno con l’ottica di iniziare un cammino per favorire il dialogo e la reciproca conoscenza.
  • Far conoscere le complesse problematiche di un territorio strategico, cuscinetto tra est ed ovest.
  • Per rispondere ai nostri principali fini istituzionali, cioè educarci ed educare i giovani alla “alla vita buona” ed in particolare alla solidarietà, alla pace ed alla giustizia.

 

IL CONTESTO SPECIFICO (Distretto di Glodeni, Città di Glodeni, villaggio di Stircea)

La città di Glodeni, capoluogo dell’omonimo distretto che è composto da 18 comuni, è menzionata per la prima volta in un documento ufficiale nel 1673. Nella seconda metà del novecento, quando apparteneva alla Repubblica socialista sovietica moldava, è incominciato il processo di industrializzazione che ha portato alla costruzione di una fabbrica di zucchero, una di conserve e una per la preparazione di olii essenziali. Il comune è formato dall’insieme delle seguenti località (popolazione 2004): Glodeni (10.465 abitanti) Stîrcea (320 abitanti)

Si colloca a circa 150 km da Chisinau vicina al confine con la Romania. È gemellata con la città rumena di Botosani dove è attiva l’industria tessile.

La città appare come un agglomerato di case basse, ognuna con un piccolo contorno di verde. Gli abitanti , fatta eccezione per le poche industrie esistenti, sono dedicati alla produzione agricola.

La città condivide con tutta l’area una meteorologia continentale con temperature massime di 38° C e minime di –30° C. La scarsità dell’acqua è una piaga emergenziale sofferta in certi anni, così come sono piaghe le alluvioni che si formano per gli scrosci torrenziali che diventano purtroppo sempre più frequenti.

La popolazione ha sofferto, come tutto il paese, delle forti emigrazioni verso l’Europa e l’Italia. Le persone emigrate mantengono una parte dei loro familiari, bambini ed anziani, a cui trasferiscono parte del salario quasi sempre frutto di lavori a basso livello. Per chi rimane questi trasferimenti sono quasi sempre la sopravvivenza in un contesto dove c’è carenza di servizi sia sanitari che sociali.

Si verifica molto spesso il fenomeno dei bambini e dei giovani che sono lasciati o con un unico genitore o dove possibile con i nonni con problemi educativi non indifferenti. Altro fenomeno grave è l’abbandono degli anziani non autosufficienti.

A Glodeni e Stircea è attiva una parrocchia cattolica, gestita da un giovane parroco Don Antonio, di origine rumena coadiuvato da 4 suore di due comunità religiose diverse.

Fanno capo alla parrocchia oltre alle normali attività di carattere pastorale i seguenti servizi:

  • un Centro Socio-Sanitario che offre assistenza domiciliare. Il centro è operativo con 2 infermiere che si occupano di assistenza domiciliare del paziente in collaborazione con il medico di famiglia. Le infermiere riescono a  seguire circa 30-35 pazienti.

Il centro ha una saletta/ambulatorio, un bagno con vasca da bagno assistita per la toeletta del paziente, un servizio lavanderia  e  una vettura con la quale si svolgono le visite domiciliari.

  • Una Scuola materna. Si tratta di un progetto sociale che prevede l’accoglienza diurna di bambini (15 circa)  che hanno difficoltà familiari ed il progetto prevede anche un accompagnamento dei genitori nelle proprie funzioni genitoriali. La scuola è getita da 2 suore ed ha anche  2 dipendenti.
  • Attività di animazione ed aggregazione per i giovani e volontari adulti gestite da i giovani più grandi e dal parroco.

LA PARTECIPAZIONE DELL’AGESCI PRATESE AL PROGETTO

La CEI che lancia una campagna decennale 2010-2020 per porre l’attenzione dell’educazione dei giovani, la Caritas con la sua funzione educativa e pastorale attraverso la “pedagogia dei fatti”, il contesto sociale della Moldova che vede problematiche di disgregazione familiare con particolare difficoltà per i giovani, la caratteristiche di movimento educativo dello scoutismo, hanno fatto si che l’Agesci di Prato si sia sentita naturalmente coinvolta nel progetto.

Obiettivi specifici del progetto:

  1. mettersi a fianco di una Chiesa sorella con lo spirito di reciproco arricchimento con l’obiettivo di aiutare allo sviluppo della Caritas parrocchiale di Stircea;
  2. miglioramento delle forme socio-assistenziali del distretto di Glodeni ed in particolare nel villaggio di Stircea. (Centro Socio-Sanitario e Scuola materna);
  3. predisporre scambi di esperienze tra  giovani pratesi e moldavi in Moldavia, la dove si realizza un progetto più ampio di aiuto ad una Chiesa sorella.  Questo permette di incontrasi tra persone con culture diverse, conoscere le loro storie e le loro vite al di là del pregiudizio del sentito dire.

Obiettivo n° 1

  • Con una attività di relazione continuativa, che sicuramente avrà nella prima fase alcune difficoltà causa la non reciproca conoscenza, mettere le basi per un rapporto di fiducia.
  • Valorizzare le relazioni con particolare attenzione al volontariato adulto della parrocchia in modo da sostenerne le attività per la nascita di una Caritas parrocchiale.
  • creazione di leadership con chi ha a cuore lo sviluppo del proprio territorio o l’ attenzione alle persone in difficoltà della comunità locale.

Il piano di intervento si realizza con la proposta di azioni di auto-aiuto a livello delle comunità locali. Si tratta di operazioni che hanno origine da problemi precisi delle comunità che si possono risolvere con la partecipazione delle persone, delle famiglie, dei nuclei che vengono beneficiati da una attività di tipo solidale, mai sperimentata prima. Il parroco ha come suo compito la selezione delle personalità che possono essere riferimento per specifiche operazioni, ovvero i leaders e su queste persone viene assegnata la responsabilità di identificare il bisogno da risolvere. Attivando individui sul piano della solidarietà si produce ciò che si può definire una forma di “volontariato” non tanto teorica, ma molto pratica e legata alle cose fatte e da fare. Caritas Moldova vuole sostenere alle parrocchie questa forma di attività di attivazione sociale per la quale offre il coordinamento formativo

Obiettivo n° 2

  • mettersi a fianco nel caso della scuola materna e del centro socio sanitario, significa non solo contribuire economicamente alle spese di gestione, ma dare, nei limiti di quanto richiesto e delle forze disponibili, aiuti di carattere tecnico con scambi di persone.
  • Far si che con il contributo del volontariato proveniente dalla parrocchia di Stircea, i due servizi diventino sempre più “opere segno” a testimonianza di una fede incarnata.
  • Far diventare le due “opere segno” palestra per il raggiungimento degli obiettivi al punto 1. Cioè la nascita di una Caritas parrocchiale.

Obiettivo n° 3

  • Iniziare una relazione di scambio di esperienze tra i giovani di Stircea ed i giovani di Prato con l’obiettivo di conoscersi, confrontarsi, crescere insieme.
  • Progettare insieme ai giovani attività estive, in particolare nel prossimo mese di agosto 2011, rivolte ai ragazzi di Stircea.
  • Iniziare un percorso di conoscenza del metodo scout relazionandosi con gli scout della Moldova con la prospettiva di aprire un gruppo a Stircea o Glodeni.

 

PROGETTO CONCLUSO

Tanzania (2014)

Il progetto sarà realizzato presso il Villaggio Stelingi, nella Diocesi di Same, per la realizzazione di un pozzo che possa fornire acqua agli abitanti del villaggio ed alle scuole che sono sorte nei suoi pressi.

Il progetto è stato proposto in occasione della Quaresima di Carità 2014 e dopo due anni di lavori si è chiuso nel 2016. Infatti il 4 novembre il pozzo è stato inaugurato, con l’apertura di 18 punti di distribuzione dell’acqua che possono soddisfare un’ampia area ed un alto numero di persone. Il Vescovo di Same, Mons. Rogatus Kimaryo, ringrazia la Caritas per il prezioso sostegno durante tutte le fasi del progetto, che è stato successivamente ampliato con l’inserimento della creazione di un laboratorio per la produzione di passata di pomodoro, sempre inaugurato a novembre.

Lettera di accompagnamento del Vicario Generale, Mons. Nedo Mannucci 

Lettera di accompagnamento del Direttore della Caritas, Italia Venco 

Manifesto Quaresima 2014 

Volantino formato A6 Quaresima 2014 

Le immagini ritraggono i lavori di completamento del pozzo a Stelingi e il laboratorio di produzione della passata di pomodoro che è un’altra attività inserita all’interno del progetto originario.

IN VIAGGIO

Tutto è cominciato con una proposta. E’ così che è iniziata la nostra, la mia avventura verso l’Africa; quando la Caritas Diocesana di Prato ha riunito un gruppo di nove persone tra volontari, operatori e giovani del servizio civile, assolutamente diverse per età, trascorsi ed obiettivi ai quali è stato chiesto di vivere un’esperienza forte in Tanzania per iniziare la costruzione di un pozzo d’acqua.

Non tutti hanno risposto SI nell’immediato, almeno io non l’ho fatto. Perché? C’ho pensato tanto!

Da una parte avevo paura, paura di essere lontana da casa, di non riuscire ad integrarmi nel gruppo, dall’altra, quella predominante, sapevo che partire avrebbe significato pormi delle domande, andare per INCONTRARE, VIVERE l’altro e tornare a casa con me stessa, forse un po’ trasformata e probabilmente era proprio quella la parte che più mi spaventava.

Senza pensarci troppo ho detto: “Ci sono anch’io” e con gli altri abbiamo iniziato a conoscerci, ad aiutarci, a coinvolgere la cittadinanza nel progetto.

E così siamo volati alle pendici del Kilimangiaro. Non so bene definire quello che ho provato appena arrivata nella Diocesi di Same, sicuramente la prima cosa che ha attirato la mia attenzione è stata la terra con i suoi colori caldi e avvolgenti, una terra rossa e arida.

Tutto in quel posto mi è parso “luccicante”. Lo so, può sembrare un controsenso, ma forse saranno stati i sorrisi delle persone che abbiamo incontrato, la loro disarmante gentilezza tutte le volte che ci hanno accolto, quelle voci quando passavamo lungo la strada che gridavano “wazungu” che significa “uomini bianchi”. Saranno stati i canti e i balli, la Messa partecipata e vissuta con generosità nel donare quel poco che si possiede o l’evidente voglia di essere presenti e attivi nelle comunità (ricordo di un paesino poverissimo sulle montagne ai confini  del Kenya in cui tutte le famiglie portavano 15 mattoni  a settimana per l’edificazione di una scuola), che mi hanno illuminato gli occhi pensando che da noi  gran parte di tutto ciò manca.

Ma non è stato solo questo, c’è stato e c’è molto altro che vorrei dire o scrivere ma forse in nessun modo riuscirei a trasmettere la grande dignità che accompagna chi affronta quotidianamente la durezza della vita, la difficoltà di una società che non ha né gli strumenti né i mezzi, anche i più semplici e logici, per gestire al meglio le risorse disponibili, lo stupore dei bimbi per un palloncino, le loro pance piene di vuoto, la speranza degli studenti nell’assicurarsi un futuro migliore,  oppure la forza e la convinzione di chi vive la propria esistenza come missione e spende tutte le energie in un ospedale di montagna sperduto nel mondo.

Ed è quando INCONTRI e quando VEDI che allora capisci il senso del viaggiare.

Un aforisma orientale, all’incirca, dice “Esistono molti viaggiatori. Ci sono quelli che viaggiano con i piedi, quelli che non si curano di dove sono, quelli che viaggiano con gli occhi. Ci sono infine quelli che viaggiano con il cuore, coloro che affrontano il viaggio come fosse la meta e vivono gli incontri con la profondità del loro spirito e del loro amore. Coloro hanno fatto del cercare e dell’incontro il senso del viaggiare”.

Questo è il significato che ho attribuito all’esperienza, a quest’occasione che mi ha fatto sentire pellegrina, che mi ha stropicciato gli occhi marchiando la mia vita di visi lontani che porterò con me, nel mio viaggio, sempre.

                                                                                                                                                    Camilla

                                                                                                                                                    Servizio Civile Regionale

PROGETTO CONCLUSO

Tel Aviv (2011- 2012)

PROGETTO “SOSTEGNO ALL’ATTIVAZIONE DI UN ASILO-NIDO PER I FIGLI DELLE DONNE VITTIME DEL TRAFFICO DI ESSERI UMANI A TEL AVIV”

 Settore: Donne/Rifugiati – Luogo: Tel Aviv (Israele) – Durata: 12 mesi

 

Contesto

Alla fine del 2010, si stimava che si trovassero in Israele circa 35.000 rifugiati e richiedenti asilo in cerca di un luogo lontano da genocidi, guerre civili e persecuzioni provenienti da Paesi come il Sudan/Darfur, Eritrea, Costa d’Avorio e la Repubblica Democratica del Congo. I più vulnerabili di questa comunità sono i giovani  e i bambini, in particolare i figli delle famiglie monoparentali.

La separazione da padri e mariti e la dispersione delle comunità lascia molte mamme come unico punto di riferimento per i loro figli, mentre loro stesse lottano per far fronte alla barriera della lingua, l’isolamento, la paura e l’insicurezza di trovarsi i un nuovo paese.

Molte di queste donne provengono da l’esperienza traumatica di traffico di esseri umani nella Penisola del Sinai, e hanno  conosciuto torture, violenze fisiche e sessuali ogni tipo di soprusi nel loro disperato esodo.

La maggior parte di queste donne soffrono anche oggi le conseguenze dei traumi subiti che rendono più difficile il loro processo di integrazione.

 

Punti critici sui quali intervenire

La cura dei figli è una questione irrisolta che ha un impatto importante nell’inserimento delle giovani madri nel mondo del lavoro e, nel lungo termine, nella loro indipendenza e autosufficienza.Gli asili nido a sud di Tel Aviv sono molto limitati a fronte del crescente numero di bambini sia nel centro di accoglienza che in tutta la comunità dei rifugiati. Gli asili nido accessibili per le ospiti si trovano in locali insalubri e sovraffollati. Quest’ultima è l’unica opzione finché le donne non riescono a trovare un lavoro stabile e ben remunerato che permetta loro di pagare un servizio più adeguato.

Le Suore Comboniane operano nel  centro di accoglienza dell’African Refugee Development Center ONG che è unico luogo di accoglienza per i profughi nella città e perciò spesso al limite della sua capacità di ospitalità a causa del sovraffollamento,  questo significa che i bambini non ricevono sufficiente attenzione individuale e non hanno spazio sufficiente per giocare senza pericoli, con effetti molto negativi sul loro sviluppo psico-fisico e delle loro abilità motorie e sociali.

Beneficiari

Bambini nati in Israele che vivono o hanno vissuto nel centro di accoglienza ARDC con genitori provenienti da Eritrea, Sudan e tutto il Corno d’Africa.

Descrizione sintetica del progetto

Il progetto intende organizzare e sostenere un asilo nido per accogliere, in un ambiente salutare e sicuro i bambini delle donne richiedenti asilo ospitate nel centro di accoglienza dell’ARDC o che vi sono state ospitate in passato in modo da facilitare l’inserimento lavorativo delle mamme e quindi sostenerle nel proprio processo di integrazione. Nell’eventualità anche altri bambini della comunità dei rifugiati e richiedenti asilo della zona potranno usufruire del servizio di asilo nido.

Un’equipe di volontari organizzeranno attività destinate a stimolare i bambini e alla formazione delle giovani madri in ambito educativo ed igenico-sanitario, specialmente incentrate nella nutrizione e lo sviluppo dell’infanzia.

Obiettivi specifici

·         Offrire la possibilità di una assistenza, per i bambini, conveniente,adeguata e stabile in modo che le donne ospiti nel centro ARDC possano trovare un’occupazione e favorire la transizione verso una vita autonoma in tempi brevi;

·         Formare le donne coinvolte nel progetto in modo che questa attività possa diventare fonte di autofinanziamento grazie all’assistenza dei volontari del progetto ARDC. Il personale coinvolto formerà una equipe psico-sociale che include un operatore sociale e uno psicologo clinico.

·         Favorire il dialogo tra Chiese sorelle attraverso il coinvolgimento di giovani della Diocesi di Prato che potranno partecipare ad un campo lavoro nel centro ARDC per poter portare testimonianza nel proprio territorio, sulla situazione non conosciuta, dei rifugiati a Tel Aviv.

Gestore locale del progetto

Suore Missionarie Comboniane

Sono impregnate a sostegno delle difficili situazioni di vita dei rifugiati e dei richiedenti asilo in Israele dall’anno 2010, in collaborazione con i Medici per i Diritti Umani di Israele.

Sr. Azezet Habtezghi porta avanti un progetto di ricerca per  l’ARDC con lo scopo di documentare e sensibilizzare sul traffico di esseri umani a cui sono sottoposti gli immigrati africani che attraversano la penisola del Sinai.

Le suore comboniane  hanno collaborato regolarmente, negli anni 2010 e 2011 con l’ARDC, in particolare nell’accoglienza e assistenza di donne vittime di abusi e stupri spesso rimaste incinta durante la loro prigionia o nel viaggio per arrivare a Tel Aviv.

Sr. Azezet e Suor Alica Vacas Moro sono responsabili per questa iniziativa e possono contare sul supporto della Provincia del Medio Oriente dell’Istituto per la programmazione, implementazione e coordinamento e proposte di ricerca fondi.

Ruolo delle Suore Missionarie Comboniane:

·         Referente locale del progetto: Suor Azezet Habtezghi

·         Coordimento e supervisione in loco delle attività del  progetto

·         Rendicontazione delle spese e costi sostenuti attraverso la presentazione di un rendiconto a cui allegare buste paga, ricevute di pagamento, fatture…

Partner locale del progetto

African Refugee Development Center (ARDC)

È una ONG fondata nel 2004 da profughi  cittadini israeliani pera aiutare e sostenere i rifugiati e i richiedenti asilo in Israele. L’ARDC mira a garantire l’accesso ai servizi sociali di base dei richiedenti asilo, facilitare la loro integrazione e promuovere la loro autosufficienza.

L’ARDC lavora con particolare impegno nella coscientizzazione sui diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo, e per una politica migratoria umana da parte del governo israeliano. Il lavoro comprende: consulenza individuale, aiuti umanitari, educazione, sviluppo della comunità, sensibilizzazione e pressione politica (advocacy  e lobby). Attraverso il lavoro svolto con ARDC comunità diverse di etnia e religione (palestinesi, israeliani, musulmani, cattolici ed ebrei) si integrano e collaborano per promuovere la comprensione e la cooperazione tra i rifugiati e la popolazione del posto.

Fornisce aiuti umanitari alla comunità di rifugiati africani a Tel Aviv del 2007, con un impegno specifico per sostenere i soggetti a rischio. Attualmente, gestisce un centro di accoglienza per ragazze madri, donne incinte e bambini, che ospita tra 25 e 40 persone alla volta. Per molte donne il centro di accoglienza di ARDC nella zona sud di Tel Aviv è l’unica alternativa per trovare un alloggio sicuro e dignitoso. Ogni anno l’ARDC fornisce un alloggio sicuro a circa 120 fra donne e bambini. Il centro provvede anche all’assistenza per facilitare l’accesso ai servizi pubblici essenziali tra cui l’assistenza medica, asili e scuole. Il percorso offerto con questa accoglienza di emergenza è lo sviluppo della loro autostima ed indipendenza, così come aiutare le donne a trovare soluzioni a lungo termine per i problemi dell’alloggio e dell’occupazione. Il sostegno psico-sociale continua quando le residenti del centro riescono a sistemarsi in alloggi indipendenti.

Ruolo del  partner locale

ARDC:

·         Arredamento dell’ambiente

·         Selezione del personale adeguato (operatori e volontari)  per seguire l’accompagnamento psico-sociale delle mamme e dei loro piccoli.

·         Alle mamme verrà chiesto il pagamento di una retta mensile per la cura dei bambini secondo le loro possibilità

 

Tempi di realizzazione:

Fase di preparazione: Ottobre- Dicembre 2011

Fase di implementazione: Gennaio – Dicembre 2012